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Ultimo aggiornamento: 02.10.2025, 16:53
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La situazione degli affari del settore manifatturiero peggiora a livello nazionale e, in maniera ancora più marcata, a livello cantonale. Questo è il riflesso dell’incertezza economica e dei dazi che pesano sull’economia nazionale e hanno frenato le esportazioni. Le attese per i prossimi mesi si mostrano anch’esse più deboli e pessimiste. La situazione risulta particolarmente negativa tra le imprese orientate all’estero, mentre quelle rivolte al mercato interno, seppur oggi più critiche, mostrano un lieve ottimismo per il futuro. La situazione degli affari risulta negativa anche a causa dei volumi degli ordini insufficienti e del calo dei livelli di produzione, che generano giacenze elevate di prodotti finiti e intermedi. Questo contesto si riflette anche sui livelli di occupazione, ritenuti eccessivi da una maggioranza crescente di imprenditori, maggioranza che prevede anche un ridimensionamento nei prossimi mesi.
Nel terzo trimestre dell’anno, la situazione degli affari riportata dagli imprenditori del manifatturiero risulta peggiorata. In Ticino, una maggioranza relativa di imprenditori giudica infatti che la propria azienda sia in una situazione negativa. Anche a livello nazionale il quadro è simile, ma il deterioramento della situazione porta a percentuali di valutazioni negative più contenute [F. 1].
Le valutazioni negative si ripercuotono anche sulle prospettive a breve termine: se fino a luglio i saldi oscillavano tra neutralità e ottimismo – più marcato in Svizzera che in Ticino – nelle ultime due indagini prevale invece la quota di imprenditori che prevede un peggioramento della propria situazione.
Questa dinamica riflette il clima di incertezza economica che caratterizza il periodo, aggravato da fattori esterni come i dazi imposti dagli Stati Uniti, che hanno determinato un calo delle esportazioni e un conseguente rallentamento dell’industria manifatturiera. Non sorprende quindi che le imprese che riportano le difficoltà maggiori sono quelle più orientate al mercato estero [F. 2]. Ad agosto si sono registrati i saldi peggiori, con oltre la metà degli imprenditori che hanno espresso giudizi negativi, mentre settembre, pur restando in territorio decisamente sfavorevole, mostra timidi segnali di ripresa. Le aziende focalizzate sul mercato interno mostrano una situazione meno critica: la valutazione attuale resta negativa, ma in misura contenuta, mentre le previsioni restano leggermente positive.
La debolezza della congiuntura si riflette inevitabilmente sul volume degli ordini. In Ticino, circa due terzi degli imprenditori giudica insufficiente il volume complessivo degli ordini, in particolare quelli provenienti dall’estero [F. 3]. Dopo un primo trimestre in ripresa, complice anche il comportamento anticipatorio delle aziende rispetto ai dazi americani, a partire da aprile il saldo è costantemente peggiorato.
Anche per questo indicatore, il quadro peggiore riguarda le imprese orientate ai mercati esteri: in agosto, in concomitanza con l’effettiva entrata in vigore dei dazi americani, quasi nove aziende su dieci hanno dichiarato insufficienti gli ordini dall’estero. A settembre il saldo migliora leggermente pur restando marcatamente negativo. Le imprese del manifatturiero orientate principalmente al mercato interno mostrano anch’esse un saldo decisamente negativo, sebbene complessivamente l’andamento sembra meno sfavorevole: il saldo degli ordini complessivi si mantiene su valori negativi ma relativamente contenuti, mentre quello degli ordini esteri, in ripresa nel secondo trimestre, è tornato a peggiorare.
Il volume insufficiente degli ordini si riflette in maniera evidente sulla giacenza dei prodotti: circa quattro imprenditori su dieci segnalano stock eccessivi sia di prodotti finiti sia di prodotti intermedi, indice di un ristagno delle vendite e dei nuovi ordini [F. 4]. Il risultato complessivo è ancora una volta frutto del peggioramento della situazione per le imprese esportatrici: tra di esse quasi sei su dieci dichiarano giacenze eccessive. Le aziende orientate al mercato interno evidenziano invece una situazione più contenuta: circa due su dieci lamentano stock troppo elevati. Si registra, inoltre, un miglioramento nel saldo dei prodotti finiti che si era deteriorato nella prima metà dell’anno.
I giudizi degli imprenditori ticinesi sulla produzione si allineano a quanto osservato per le giacenze e per gli ordini. Il saldo resta costantemente negativo e peggiora rispetto a sei mesi fa, con un picco particolarmente negativo ad agosto già recuperato a settembre [F. 5].
Distinguendo per mercato di riferimento i trend complessivi risultano ancora più evidenti: le imprese orientate al mercato interno registrano un saldo in calo da inizio anno anche se meno negativo rispetto a quello delle aziende esportatrici. Per queste il quadro è più articolato: a marzo una maggioranza di imprenditori segnalava livelli di produzione superiori rispetto a un anno prima, probabilmente a causa dell’aumento delle esportazioni per anticipare i dazi paventati in quel periodo dagli Stati Uniti. Nei mesi successivi la produzione è andata via via peggiorando, con una quota crescente di imprese che giudicava la produzione inferiore rispetto all’anno precedente. In Ticino il calo delle esportazioni non ha riguardato solo gli Stati Uniti ma anche l’Italia, principale partner commerciale del cantone. A settembre si intravede un miglioramento, con una riduzione dei giudizi negativi, pur in un contesto ancora fragile.
Il deterioramento della situazione degli affari, del volume degli ordini e della produzione lascia intravedere potenziali conseguenze anche sull’occupazione. In Ticino, il saldo relativo ai livelli attuali dell’occupazione ha subito un’accelerazione negativa a partire da giugno e nel mese di settembre quasi un terzo degli imprenditori del settore giudicano eccessivi i livelli di occupazione [F. 6]. Non sorprende quindi che in parallelo aumenta la quota di imprenditori che prevede un calo dell’occupazione nei prossimi tre mesi.
Distinguendo per orientamento di mercato, il quadro è simile: sia le imprese rivolte al mercato interno sia quelle rivolte all’estero considerano eccessivo il livello occupazionale, con una criticità leggermente maggiore tra le seconde. Sul piano prospettico prevale l’incertezza: i saldi rimangono negativi, ma in misura meno accentuata rispetto ad alcune indagini precedenti.
A cura di Stefano Modenini, Direttore Associazione industrie ticinesi (AITI)
Le nubi all’orizzonte non si diradano, anzi tendono piuttosto a infittirsi. Si conferma la debole evoluzione congiunturale anche per i prossimi mesi; un rallentamento che aveva già iniziato a manifestarsi sin dall’inizio dello scorso anno. Le cause, in particolare per chi esporta, sono evidenti e dettate dall’incertezza internazionale e dalla debolezza di alcuni mercati di riferimento, in particolare a livello europeo.
L’export dal Ticino verso gli Stati Uniti rappresenta “solo” il 10 per cento delle esportazioni complessive, ma l’effetto detonatore è probabilmente più importante. Primo perché concerne rami di attività a valore aggiunto, secondo perché vi sono anche effetti indiretti essendo diverse imprese fornitrici di prodotti e componenti per aziende europee, ugualmente sottoposte a dazi pur se in misura minore.
Le attese degli imprenditori per i prossimi mesi sembrano abbandonare la prudenza per parlare esplicitamente di situazioni negative, non più solo in termini di fatturato bensì anche di impiego di manodopera, ciò che si traduce almeno qua e là in probabili ristrutturazioni. Infatti, sia chi esporta sia chi si rivolge al mercato interno considera eccessivi i livelli occupazionali.
Lo strumento dell’orario di lavoro ridotto è senz’altro utile ma si rivela non idoneo a fare fronte a cambiamenti che sembrano sempre più strutturali. Già a breve termine, qualora la situazione dei dazi USA applicati ai prodotti svizzeri non dovesse mutare, è presumibile assistere a una parziale delocalizzazione di attività dal territorio cantonale verso l’estero.
Stock eccessivi e domanda di prodotti inferiore disegnano uno scenario teso e negativo anche per la prima parte del 2026. È necessario moltiplicare gli sforzi per diversificare i mercati esteri di sbocco dei prodotti, grazie anche agli accordi di libero scambio firmati in questi anni dalla Svizzera e augurarsi che la situazione dei dazi USA si stabilizzi, riducendoli a un valore ragionevole.
Quasi tutte le domande delle indagini KOF sono di carattere qualitativo. Gli operatori esprimono un’opinione relativa all’evoluzione oppure allo stato di una variabile significativa dell’andamento dell’azienda nel proprio mercato, secondo in genere tre modalità di risposta (+, =, -).
Per l’analisi congiunturale è consuetudine utilizzare il saldo di opinione tra le due modalità estreme (+ e -), trascurando la modalità neutra (=).
Il saldo tende a descrivere sinteticamente il senso preponderante di variazione della variabile analizzata. Nel caso di un saldo significativamente positivo (o negativo) alla domanda circa la variazione della cifra d’affari, si potrà concludere che tale variabile nel trimestre di riferimento sia verosimilmente aumentata (o diminuita).
È fondamentale, comunque, considerare che questa conclusione sarà tanto più robusta quanto maggiore risulterà il saldo, in quanto esso e le sue variazioni sono sempre da intendere quali indicatori di tendenza e non quali variabili quantitative discrete.
Ufficio di statistica del Cantone Ticino (Ustat)
Vincenza Giancone
Settore Economia, Ufficio di statistica
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