Centro Spazio Aperto, Bellinzona
- 16 settembre 1999
Gentili signore, egregi signori,
la numerosa partecipazione a questa
giornata di studio è incoraggiante e significativa.
Dimostra la volontà di affrontare
il tema della disoccupazione attraverso un lavoro intersettoriale e una
sensibilità sociale attiva.
E’ un segnale di disponibilità
alla collaborazione fra pubblico e privato attorno ad un tema che ha colpito
pesantemente il nostro paese; il Ticino più della Svizzera. Un
fenomeno che è destinato a caratterizzare anche in futuro il mondo
del lavoro. Tutto lascia presagire che il pieno impiego non tornerà
più.
Oggi infatti la disoccupazione non
è più soltanto un evento legato alla congiuntura economica
ma è la concreta manifestazione dell’attuale e futura crisi del
lavoro.
Ma più che di crisi del mondo
del lavoro, parlerei di un nuovo mondo del lavoro, dove precarietà
professionale, lavoro intermittente e a termine, lavoro su chiamata e disoccupazione
rappresentano probabilmente il nuovo modo di lavorare per la maggior
parte delle persone attive. La tanto decantata flessibilità, con
il suo pesante carico di problemi sociali e umani. La disoccupazione non
è solo un problema economico, non solo un bollettino statistico
di crisi, come spesso e in maniera preponderante ancora viene percepita
dall’opinione pubblica.
Oggi non saremmo qui se dovessimo
limitarci a valutare l’aspetto statistico. Infatti, la scorsa settimana
abbiamo appreso che il tasso di disoccupazione in Svizzera è
sceso al 2,4%. Un tasso così basso non lo si registrava più
dal giugno 1992.
Se dovessimo ragionare solo in termini
di numeri, allora potremmo andare tutti a casa perché l’emergenza
sembra passata.
Se dovessimo ragionare solo con
certi criteri economici, potremmo quasi rallegrarci. Ma saremmo miopi e
politicamente irresponsabili se ci affidassimo ad un approccio limitato
ai dati del mercato del lavoro, perché è un approccio riduttivo,
disumano.
Come sarebbe altrettanto riduttivo
considerare le rendite della assicurazione disoccupazione come il solo
sostegno sociale da garantire ai disoccupati.
Certo, il nostro sistema di sicurezza
sociale attraverso l’assicurazione disoccupazione copre la perdita di salario
e sostiene il reinserimento nel mercato del lavoro attraverso misure attive.
E’ certamente uno strumento - irrinunciabile - di lotta all’esclusione,
ma da solo non risponde efficacemente ad altri fattori di rischio
che si innestano attorno alla condizione di disoccupato.
I disoccupati non sono numeri. La
perdita del posto di lavoro li ha colpiti nella loro identità
professionale, nella loro identità di essere umani, nelle
loro relazioni famigliari e sociali. L’impatto sulla salute psicofisica
è documentato da parecchi studi e le conseguenze sono di carattere
individuale, familiare e sociale.
I relatori di questa giornata approfondiranno
queste tematiche.
Il Ticino può oggi vantare
l’unico progetto operativo a livello cantonale di prevenzione e di sostegno
a favore delle persone senza lavoro, programma sviluppato dal 1997 grazie
ad un mandato del Consiglio di Stato al Gruppo "Disoccupazione e salute",
coordinato dall’Ufficio promozione e valutazione sanitaria del Dipartimento
opere sociali e realizzato assieme a diversi Enti e Associazioni.
Questo programma è sfociato
nel documento
"Ridurre gli effetti della crisi
del lavoro e della disoccupazione sulla salute: orientamenti per l’azione",
documento propositivo che il Consiglio di Stato ha avuto il piacere di
approvare in una delle prime sedute di questa legislatura.
Basati sul principio di promozione
della salute dell’Organizzazione Mondiale della Sanità, questi orientamenti
sottolineano la dimensione ambientale attorno alla persona disoccupata
- la famiglia, la scuola, l’opinione pubblica, i servizi - preconizzando
maggior sensibilizzazione, maggior formazione e migliori opportunità
di sostegno.
Di questo rapporto mi preme sottolineare
in particolare un’affermazione:
"La salute del disoccupato diventa
da una parte la risorsa fondamentale per rientrare nel mercato del lavoro
e per uscire dall’emarginazione sociale e dall’altra un equilibrio da mantenere
anche in fase di transizione professionale o di perdurare della disoccupazione".
Ecco questo è l'obiettivo
attorno al quale costruire il sostegno che agisce attorno al disoccupato - dalla famiglia ai servizi preposti, dal medico di famiglia al collocatore
e persino all’opinione pubblica - una rete che possa efficacemente prevenire
l’emarginazione sociale, le dipendenze, la malattia, il degrado delle relazioni
con il partner e con i figli, e l’esclusione della vita attiva sia essa
professionale che sociale.
Per raggiungere questo obiettivo
il rapporto del Gruppo "Disoccupazione e salute" ha individuato delle azioni
possibili, e fra queste delle azioni mirate alla famiglia, tema dell’odierna
giornata di studio, organizzata dal sottogruppo Famiglia e disoccupazione.
La famiglia intera infatti risulta
colpita dalla perdita dell’occupazione da parte di un proprio membro. Il
partner, la partner, i genitori, o in alcuni casi i figli, possono costituire
un primo sostegno ma subiscono nel contempo le conseguenze del forte disagio
sia psicologico sia finanziario. Si tratta di gestire e se possibile prevenire
queste conseguenze, questi disagi: per i figli, per la relazione di coppia,
per la vita familiare nella sua complessità.
In questo senso trovo pure molto
interessante l’iniziativa concreta di costituire dei gruppi di incontro
e di sostegno per mogli o partner di disoccupati.
La ricerca della Commissione
federale di coordinamento per le questioni familiari ha già
dato degli spunti importanti alla riflessione e alla costruzione di risposte
appropriate. Da questa giornata mi auguro, ma ne sono certa, scaturiranno
altri stimoli.
Purtroppo altri impegni non mi permettono
di seguire i vostri lavori e mi dispiace.
Desidero però assicurarvi
la mia disponibilità a continuare con voi questo percorso di riflessione
e assicurarvi la mia volontà politica di tradurlo in azioni concrete.
Azioni concrete che in un approccio
di prospettiva possano contemplare gli aspetti legati all’attuale crisi
del lavoro - crisi che reputo costituisca la sfida maggiore del nostro
tempo.
Azioni concrete di prevenzione a
livello intersettoriale, operativo e decisionale.
Ridurre i danni causati dalla disoccupazione,
dalla crisi del lavoro, deve diventare un obiettivo comune fra Stato, comunità
e privati in quanto i loro costi e le loro conseguenze toccano e toccheranno
tutti, a tutti i livelli.
Vi auguro una buona giornata e attendo
volentieri da voi nuove indicazioni per entrare nella fase operativa.
Patrizia Pesenti
Consigliere di Stato