ASSEMBLEA DEI DELEGATI DELLA 
FEDERAZIONE TICINESE DEGLI ASSICURATORI MALATTIA

Agno, Hotel La Perla - 18 novembre 1999
 

Gentili signore, egregi signori,
ringrazio con piacere per il cortese invito che mi è stato rivolto di assistere ai lavori assembleari della FTAM, perché questo, da un lato, mi permette di prendere visione dal vivo del funzionamento della Federazione, ma dall’altro mi consente anche di rivolgere un messaggio ai partner del sistema sanitario, oggi tutti rappresentati in questa sede.
Nel nostro Paese conosciamo fortunatamente uno dei migliori sistemi sanitari al mondo.
Infatti il nostro sistema sanitario si contraddistingue per:

Tutto questo rappresenta un valore civile ragguardevole e non solo un alto fattore sanitario.
Le due direttrici che determinano poi il funzionamento del nostro sistema sanitario costituiscono pure valori indiscutibili di civiltà:

Sovente oggi si ha invece la tendenza a marcare gli aspetti negativi del nostro sistema sanitario, accentuando in particolare il problema dei costi o l’oggettiva difficoltà di controllo dell’espansione del settore.
Sembra quasi che tutto stia per crollarci addosso dall’oggi all’indomani.
E’ certamente sbagliato minimizzare i problemi – soprattutto quelli dei costi -, ed altrettanto sbagliato autoflagellarsi.
L’obiettivo dovrebbe essere invece – e questo è il senso del messaggio che oggi intendo rivolgere ai partner sanitari – quello di creare un alto tasso di fiducia verso questo bene civile e sociale che rappresenta il nostro sistema sanitario, contraddistinto non da un’entità ben distinguibile e a sé stante, ma da varie componenti: la popolazione tutta, i fornitori di prestazioni, gli assicuratori malattia e lo Stato.
Come già si diceva, il nostro sistema sanitario rappresenta un bene che costa: questo è fattore indubbio.
L’ultimo studio dell’Ufficio federale di statistica indica che la spesa sanitaria nel suo complesso - quindi non solo quella legata all’assicurazione sociale malattie - si eleva al 10.2% del PIL. Siamo al terzo posto, dopo gli Stati Uniti e la Germania.
E', questo, un dato che oggettivamente deve richiamare ogni nostra attenzione individuale, collettiva, oltre che collegiale: un’incidenza dei costi oltre il 10% del PIL non è infatti agevole da sopportare, soprattutto in prospettiva (anche se tutti noi ci auguriamo un incremento del PIL).
Non è un fenomeno solo di questi nostri giorni: soprattutto già a partire degli anni 80 la progressione dell’incidenza della spesa sanitaria sul PIL si faceva sentire, ma allora tutto veniva mitigato da una congiuntura in espansione che marcava i suoi effetti anche dal profilo di una progressione del potere d’acquisto individuale.
Oggi invece, complice una congiuntura improntata alla stagnazione, il problema lo si avverte in maniera molto più marcata ed appariscente.
La conseguenza è che il peso del finanziamento, in un contesto di riduzione - o quanto meno di non incremento - delle entrate individuali è di certo più tangibile rispetto ad una decina di anni or sono.
E il finanziamento del sistema sanitario pesa integralmente sulle spalle del cittadino: sia attraverso le imposte che attraverso i contributi verso gli assicuratori malattie.
Solo mediante un sapiente ed oculato dosaggio di queste due componenti si potrà ottenere quel necessario consenso collettivo verso il sistema in sé.
Ed è vero che oggi i premi assicurativi e le partecipazioni si avvertono maggiormente rispetto alle imposte, perché:

Soprattutto quest’ultimo fattore richiama ad uno sforzo non certo indifferente da parte dell’ente pubblico al fine di mitigare il peso economico del premio assicurativo sulle fasce meno abbienti di popolazione.
Nel Cantone Ticino, per l’anno 2000, l’onere per il sostegno alle fasce meno fortunate di popolazione sfiora il tetto dei 170 milioni di franchi (143 milioni per i sussidi collettivi e 24 milioni per sgravi fiscali cantonali mirati a contenere gli effetti del premio per le fasce medie e medio-basse di popolazione).
La parte dei premi è determinata dalla fetta dei costi non coperti attraverso le imposte o le partecipazioni individuali.
E i costi in sé sono determinati, da un lato, dal numero di atti e dall’altro dalle tariffe.
Vorrei ora esprimere qualche riflessione circa l’aspetto delle tariffe.
La legge prevede che in via ordinaria siano i partner a definire gli aspetti tariffali e non lo Stato attraverso una decisione esterna e d’imperio.
Cosa significa questo?
Significa che il Legislatore ha chiaramente inteso privilegiare, in un sistema assai simile alle regole del mercato economico, la concertazione tra le parti, rispetto ad un intervento forse più scientifico, ma nel contempo anche dirigistico, dello Stato.
Lo Stato è poi chiamato in causa solo in un secondo tempo, in sostanza in un ruolo di garante dell’equità di una tariffa concordata tra le parti.
Se nel Legislatore fosse prevalso il criterio di scientificità pura, tutto l’assetto tariffale sarebbe stato regolato dallo Stato (come lo è per i medicamenti, per la maggior parte delle analisi, per i mezzi e gli apparecchi).
Così non è: il Legislatore ha voluto privilegiare le discussioni tra le parti, la contrattazione e la concertazione: ossia ambiti dove chiaramente deve prevalere il buon senso.
Personalmente mi adopererò affinché abbia a prevalere tra le parti questo buon senso che, accompagnato da un clima di serenità, può certamente contribuire ad un’iniezione di fiducia nel cuore stesso del sistema.
Buon senso, per antonomasia, significa propensione al dialogo, significa ricercare compromessi intelligenti, ma non significa certo ostinazione nel difendere ad oltranza solo le tesi di parte.
Se le parti tirano la corda al punto di creare rotture, lo stato di tensione non potrà che trasmettersi alla popolazione, la quale reagirà con sfiducia e non sarà di conseguenza propensa ad accogliere pienamente i messaggi provenienti dall’Autorità cantonale nel senso di un accesso moderato e razionale al consumo medio-sanitario.
Le attuali direttrici del DOS nei confronti del contenimento dei costi della malattia si muovono infatti in tre direzioni: il tutto all’insegna della razionalità e non certo del panico in ragione dei costi (oggi infatti mi sentirete citare ben poche cifre!).
Un’azione, quella del DOS:

Dal canto suo lo Stato interviene a regolare il sistema, in particolare di questi tempi attraverso la pianificazione ospedaliera.
Anche qui l’intervento deve essere, sì, efficace, ma per essere accolto e fatto proprio dalla popolazione deve essere frutto di una grande e paziente opera di concertazione; il tutto nella consapevolezza che non si potrà realizzare all’insegna massimalista del "tutto e subito".
Anche in questo contesto l’ottimo è il peggiore nemico del buono.
Personalmente voglio - e mi batterò sempre - per un sistema sanitario di qualità, a costi sopportabili, e non certo per un sistema sanitario a prezzi stracciati, ma di piccolo cabotaggio, di qualità scadente e ben poco democratico dal profilo dell’accesso.
Un sistema sanitario - quello per il quale propendo - contraddistinto da un clima in cui i partner abbiano a parlarsi seriamente, sì, ma anche serenamente, nella piena consapevolezza che le soluzioni definitive non le detiene a priori nessuno, ma potranno scaturire man mano da una vera azione comune.
Solo attraverso l’aperta e fattiva propensione al dialogo ci si potrà muovere nella giusta direzione, nel vero interesse dei cittadini, perché sono proprio quest’ultimi i destinatari del nostro sistema sanitario.
Il tutto nella piena coscienza che in un clima di fiducia generale potremo costruire molto, mentre in un clima di sfiducia - latente o manifesta che sia - si potrà solo distruggere il tutto.
E allora il prezzo da pagare sarà altissimo.
Non vuole essere, quest’ultimo, un monito, bensì un messaggio di grande speranza verso quel buon sistema sanitario oggi possiamo fregiarci di conoscere, e nei confronti del quale dovremmo dunque mettere in atto tutte le migliori strategie possibili per poterlo mantenere nelle sue prerogative.

Patrizia Pesenti
Consigliere di Stato