Il Consiglio di Stato durante questo primo anno di legislatura ha messo a punto le linee direttive dell'azione politica.
Gli obiettivi programmatici di rilevanza del Dipartimento delle opere sociali, quale responsabile operativo e politico della socialità e della sanità nel cantone si possono così riassumere:
la modernizzazione delle garanzie sociali e del sistema sanitario.
la salvaguardia della salute de cittadini
prevenzione e promozione della salute e accesso più consapevole al consumo adeguato e informato di prestazioni sanitarie
coordinamento dell'offerta sanitaria.
Questa sera vorrei centrare dapprima l'attenzione su due di queste aree (per le altre potremo farlo certamente nella successiva discussione):
il ruolo che può avere il cantone nel contenimento della spesa sanitaria; il rafforzamento della politica di prevenzione e di promozione della salute e di sostegno ad un consumo adeguato e informato di prestazioni sanitarie.
L'accesso ai servizi sanitari è garantito in modo equo dall'obbligatorietà assicurativa derivante dalla Legge federale sull'assicurazione malattia (LAMal).
Resta da fare molto per informare il cittadino, il potenziale paziente o consumatore di prestazioni sanitarie.
Questa informazione dovrebbe promuovere pian piano una nuova cultura:
L'azione più innovativa che il Dipartimento delle opere sociali intende sostenere porta il nome di "empowerment": una parola
- intraducibile in lingua italiana - che contiene il concetto di azione culturale e informativa verso la società.
Oggi, il settore sanitario è caratterizzato:
dall'asimmetria dell'informazione (da un lato "conoscenza" degli operatori sanitari e,
dall’altro, "ignoranza" (concedetemi il termine) da parte dei pazienti-consumatori);
da incentivi inflazionistici sia da parte dell’offerta (pagamento dell’atto delle prestazioni) che della domanda (crescita dei premi e necessità di "ammortizzarli" ) - un po’ come una cena tra amici dove si decide prima che il conto andrà diviso in parti uguali ma non tutti mangeranno la stessa cosa, allo stesso prezzo: nessuno ha veramente interesse a mangiare un'insalata, quando altri mangiano aragosta e caviale;
dalla socializzazione dei costi;
dalla crescita dell'offerta medica (in particolare del numero dei medici, che raddoppieranno entro il 2020);
Questa struttura non dà nessun incentivo al risparmio; di fatto, i costi della salute non hanno fatto che crescere vertiginosamente, pesando sui budget dei cittadini assicurati attraverso il continuo aumento dei premi delle casse malati.
I costi sanitari sono infatti pagati interamente dal cittadino, direttamente tramite i premi di cassa malati e i pagamenti diretti e indirettamente tramite prelievi fiscali. La spesa sanitaria dello stato viene infatti logicamente pagata con le risorse fiscali immesse dai cittadini nelle casse dello Stato. Si tratta della metà circa di fabbisogno dell'EOC e dei sussidi ai premi delle Casse malati, che quasi 80'000 ticinesi non riescono a pagare (qui per ogni franco speso dal cantone la Confedrazione ne paga 4).
Questa struttura ha però il grande pregio di garantire l'equità d'accesso ai servizi sanitari a tutta la popolazione. Occorre poi sottolineare che ogni cittadino del cantone accede ad una sanità di altissima qualità.
Questi aspetti fortemente positivi vanno sottolineati prima di entrare nel merito di cosa lo Stato può fare per correggere gli incentivi inflazionistici nel tentativo di frenare la crescita della spesa sanitaria. Frenare la crescita, perché ridurla è impossibile, visto e considerato il continuo progresso della scienza medica, che non va bloccato.
Bisogna premettere:
innanzitutto che al Cantone spettano competenze di politica sanitaria limitate, di vigilanza e controllo della qualità, mentre tutto quanto concerne il finanziamento del sistema sanitario è di competenza di leggi federali, compito della Confederazione:
Come intervenire:
Rafforzare la politica di prevenzione e di promozione della salute.
Si tratta di rafforzare una politica centrata su obiettivi di salute e non sugli obiettivi dei servizi che, come si sa, sono in parte più o meno grande centrati sull’autoconservazione. Inoltre giova puntualizzare che lo stato di salute individuale e collettivo è determinato dall'interazione di elementi genetici, comportamentali (per esempio, l'uso o l'abuso di sostanze come tabacco, alcool, medicamenti, stupefacenti), ambientali (l'inquinamento, altri fattori di rischio legati al posto di lavoro, ecc.) e dalle condizioni sociali e culturali in cui si vive: molto meno dalle prestazioni sanitarie consumate.
Educando ad un consumo adeguato e informato di cure sanitarie.
Questa è certamente una sfida più complessa: richiede un cambiamento di mentalità da parte dei pazienti. Occorre superare una visione della medicina come fosse una scienza esatta, una visione del medico o dell'operatore sanitario come fosse il detentore delle certezze e il dispensatore di cure miracolose. Nonostante i grandi progressi della medicina, a livello di prevenzione e di diagnostica di offerta di cure, purtroppo per molte malattie non esistono terapie in grado di guarire o di scongiurare la fine della vita.
Questa è la sfida futura: una sfida che passa attraverso la comunicazione, che finora ha veicolato attese sociali molto alte sull’efficacia della scienza e della pratica medico sanitaria .
I media diffondono notizie ed informazioni relative alla scienza e alla pratica biomedica fondate esclusivamente sull’enfatizzazione dei soli benefici (anche se solo potenziali), senza mai render conto dei rischi e degli effetti indesiderati, senza menzionare le controversie di tipo scientifico.
La popolazione preferisce ricevere messaggi rassicuranti per placare le angosce.
E’ certamente vero.
Ma come responsabili della politica sanitaria non possiamo continuare ad alimentare questa visione mitica.
Eticamente, è insostenibile perpetuare questa visione.
Dobbiamo chiaramente dire alle persone che la progressione delle possibilità diagnostiche non corre alla stessa velocità delle capacità di curare.
Dobbiamo avere l’onestà di informare non solo sui benefici, ma anche sui limiti.
Attraverso questa sensibilizzazione potremo forse avere un consumo più ragionevole e evitare prestazioni sanitarie inutili. In questo senso, senza mai dover arrivare ad un razionamento, potremo anche correggere l’evoluzione dei costi della salute. Abbiamo il dovere di prevenire la drammaticità di un orizzonte dove bisognerà razionare le cure e decidere (ma chi?) se una persona è già abbastanza anziana per fare a meno di una cura che potrebbe salvargli la vita oppure un bambino è troppo povero o male assicurato per essere curato da una malattia mortale. Penso che il dovere di un ministro della sanità sia questo: evitare di porre i cittadini di fronte a queste scelte atroci.
Perché non è vero che il razionamento sarà inevitabile. Il margine di risparmio di prestazioni inutili è ancora talmente grande. Ma per attuare questa razionalizzazione occorre il consenso di tutti. Occorre che i cittadini abbiano voglia di capire cosa sta succedendo. In fondo è quello che fate voi questa sera, cercare di capire, e vi ringrazio per avermi ascoltato.
Patrizia Pesenti
Consigliere di Stato