Congresso Società svizzera di dermatolgia, Locarno 11 maggio 2000

La dermatologia nel sistema sanitario


Egregio signor Presidente, gentili signore, egregi signori, 
nella mentalità comune il dermatologo è il dottore capace di decifrare le macchie della pelle. Rosse, viola, grandi, piccole, generalizzate, locali, benigne, maligne, con o senza prurito. Il suo compito è leggere la pelle e dare alla lettura un significato. Interpretare papule, pustole, vescicole, per guarire il paziente, o perlomeno per aiutarlo.
Se la medicina può definirsi un’arte (Heilkunst), allora la dermatologia ne è una delle massime espressioni. Osservare un uomo o una donna vestiti solo del proprio tegumento, studiarne le tonalità del colore e le diverse morfologie, richiede uno spirito d’osservazione degno dell’artista che esplora la natura e ne riproduce l’essenza. In realtà però leggere e descrivere il linguaggio della pelle non basta. Il dermatologo deve saper sposare le sue osservazioni con il suo sapere professionale, affinché l’esercizio non rimanga solamente un’opera artistica, ma permetta di risolvere la sofferenza del suo paziente.
Lo sviluppo della dermatologia in questa fine di secolo è stato caratterizzato - a mio avviso - da due profondi cambiamenti.
Da un lato lo strabiliante sviluppo dell’immunologia, che si è servita delle malattie della pelle per lo sviluppo di modelli molecolari (malattie auto-immuni per esempio).
Dall’altro la celebrazione culturale dell’aspetto esteriore e dell’immagine, simbolo del potere e rappresentazione sociale del successo. Questi mutamenti hanno profondamente cambiato la pratica della dermatologia e continueranno ad influenzarne l’evoluzione.
La biologia molecolare e la genetica permetteranno probabilmente di identificare i geni che manovrano le grandi malattie infiammatorie (come le psoriasi e gli eczemi) e di controllarne la manifestazione. Analoghe scoperte potranno essere applicate ad alcune malattie tumorali della pelle (come il basalioma e il melanoma).
In merito all’aspetto esteriore si pensi soltanto a quanto il cittadino spende per curare la propria immagine e il proprio aspetto. Il mito della bellezza è elemento che influenza lo sviluppo della dermatologia. 
Sia perché l'abbronzatura si paga cara in termini di tumori della pelle, soprattutto melanomi maligni, la cui incidenza negli ultimi 10 anni in Europa si è raddoppiata e ha raggiunto i 10 casi su 100'000 abitanti.  Sia perché il dermatologo è stato progressivamente chiamato ad occuparsi di problemi cutanei, avvertiti come problemi dal paziente non a causa di dolori, né di prurito, e neppure per una potenziale evoluzione pericolosa, ma perché esercitanti un'azione di disturbo sull'estetica della persona. 
In quest'ambito va considerato l'importante sviluppo della cosmesi, che, abbandonati i criteri approssimativi e soggettivi, ha progressivamente abbracciato il metodo scientifico per valutare efficacia e tossicità dei prodotti cosmetici. Un'evoluzione sancita anche a livello legislativo federale (Ordinanza sui requisiti igienici, ORI, del 26 giugno 1995).
Dall'avvicinamento tra cosmetica ("cosmetics") e farmacia ("pharmaceutical") è nato il neologismo "cosmeceuticals": sostanze che hanno un effetto cosmetico legato a un'azione parzialmente fisiologica. 
In quest'intersezione tra cura della malattia e cura dell'immagine deve trovare il suo posto il dermatologo del XXI secolo.
Nella medesima intersezione deve però trovare il suo posto anche il singolo cittadino, sia come paziente, sia come assicurato-contribuente. E qui vedo un potenziale conflitto.
Fino a che punto la risposta alla sofferenza individuale va socializzata? Dove finisce la cura della malattia? Dove inizia la cura dell'immagine? Che cosa dev'essere pagato in modo solidale e che cosa dev'essere lasciato alle scelte individuali?
Anche in dermatologia, forse più che in altri settori della medicina, il quesito si pone. Il pericolo di medicalizzare la cura dell'immagine è presente e non sarà facile tranciare una chiara demarcazione tra necessità di cura e necessità estetiche. Tra finanziamento collettivo e spese private. 

Il singolo medico dermatologo - ma meglio, la vostra Società di Dermatologia - sono perciò invitati a chinarsi su questo difficile quesito.
Nessun sistema sanitario, nessun sistema assicurativo, può reggere l’urto di un bisogno illimitato al quale non viene posto un freno, da parte dello specialista che può valutare la natura dei reali bisogni del paziente. Confido nel vostro senso di responsabilità nei confronti del sistema assicurativo basato sulla solidarietà tra gli assicurati. Un sistema che non può reggere una richiesta illimitata. Perché non tutte le richieste, con i relativi costi, possono essere socializzate. Sempre di più il medico è chiamato ad essere anche garante al sistema sanitario. So che questa è una responsabilità in più delle molte che avete. Ma sono certa che siete in grado di assumerla con coscienza.
Auguro a tutti un proficuo lavoro congressuale.


 
Patrizia Pesenti
Consigliere di Stato