Simposio internazionale di salute pubblica - Bellinzona, 3 giugno 2000

TRA CODICI DEONTOLOGICI E DOTTRINA DEL MERCATO

Ippocrate o ipocrisia ?


Il dibattito attorno al tema dell’aumento dei costi per la salute è stato finora monopolizzato dall’attenzione alla Legge sulla Assicurazione malattia. Chi si aspettava una legge in grado di controllare l’aumento dei costi è finora rimasto deluso. Questa legge era e resta oggettivamente una legge che regola i contratti assicurativi e consolida l’equità di accesso alle cure, ma non una normativa sanitaria per il controllo dei costi anche se così è stata spesso definita. Il dibattito pubblico mette vieppiù a fuoco il complesso meccanismo della formazione dei costi sanitari e in particolare l’esuberanza dell’offerta sanitaria a fronte di una domanda che è essa pure potenzialmente illimitata. Ad un paziente che chiede un benessere illimitato il mercato sanitario può offrire una quantità altrettanto illimitata di prestazioni e servizi. Il tutto sostenuto da un meccanismo fondato su incentivi inflazionistici sia dal lato dell’offerta che da quello della domanda e che non spinge nessuno al risparmio facendo così pendere la spada di Damocle del razionamento.
In questo contesto si inserisce il ruolo professionale del medico. Ruolo cruciale, perché per soddisfare la sua richiesta di cure il paziente dipende dal medico. Lo stesso vale per gli altri produttori di beni e servizi sanitari che non possono smerciare i loro prodotti se non attraverso una decisione del medico creando così un rapporto di dipendenza che sta alla base di ogni "conflitto d’interesse". Il sistema sanitario non premia il medico che combatte gli sprechi, al contrario saranno "premiati" economicamente quelli che mettono più olio nel meccanismo sostenendo e alimentando in tal modo la spirale inflazionistica dei costi.
Questo è il contesto in cui si chiede al medico di trasformare il suo ruolo. Molti medici sanno di aver smarrito la certezza di occupare una funzione sociale che va oltre la cura del malato. Vi è sempre più incertezza su quali siano i valori di riferimento nel proprio lavoro. Negli Stati Uniti numerosi medici si sono raggruppati in un sindacato. Nel Canton Zurigo i medici assistenti hanno scioperato per far valere le loro rivendicazioni. Segnali di una situazione diversa da quando i medici si sentivano sovrani delle loro scelte professionali. Imprenditori liberi e autorevoli di fronte a pazienti sempre pieni di gratitudine e con poche pretese. Medici sicuri di interpretare anche una missione sociale, medici tranquilli abbastanza da darsi regole deontologiche e perfino di rispettarle.
L’aumento esplosivo dei fornitori di prestazioni ambulatoriali e di conseguenza dei costi della salute è uno dei fattori che ha messo in crisi il ruolo del medico libero professionista. Le assicurazioni malattia obbligatorie e l’importante impegno dello Stato nel finanziamento dei premi assicurativi per permettere a tutti i cittadini di accedere alla stessa qualità di medicina, hanno creato istanze di controllo delle prestazioni mediche che non esistevano prima. L’importazione dagli Stati Uniti degli strumenti del "managed care" che molti giudicano "ineluttabile" restringerà ancor più in futuro la cosidetta "libertà terapeutica". Il medico non è più solo un libero professionista che decide della sua arte, ma un attore del sistema sanitario che deve rendere conto, oltre che al singolo paziente dalla società civile anche agli assicuratori malattia, tanto più quanto questi ultimi prenderanno sul serio il loro ruolo di rappresentanti dell’interesse del paziente. Delle scelte mediche, sempre più, occorre rendere conto anche ai cittadini. Le assicurazioni sono mutuali, i costi ripartiti socialmente. E allora non basta dire quanto si è speso, ma giustificare come si è speso. I politici hanno capito che prima di pensare al razionamento, esistono consistenti spazi di manovra nel combattere sprechi e diseconomie.
È attorno a questo punto cruciale che esplode il conflitto tra medico-imprenditore, portato a vendere non solo trattamenti scientificamente fondati ma anche e soprattutto "opinioni" sottoforma di prestazioni più o meno condite di tecnologia.
Ora il medico è chiamato sempre di più a rispondere non tanto della "qualità" ma soprattutto dell’appropriatezza clinica delle sue prestazioni, come pure dell’utilizzazione abusiva di risorse ritenute comuni perché finanziate da tutti.
Arriverà anche in Svizzera il giorno in cui ad ogni spreco di risorse per "curare" un paziente corrisponderà un ammanco di cure per un altro.
Ma il ruolo del medico cambierà anche perché cambieranno i pazienti. Nelle sue scelte il medico non dovrà rendere più conto solo a se stesso, ma anche ad un paziente più consapevole, che vuole e ha il diritto di essere informato e che le nuove tecnologie dell’informazione aiuteranno ad essere più consapevole. La medicina organizzata in modo autoritario e paternalista non avrà più diritto di cittadinanza.
Ma all’orizzonte inquietanti sono soprattutto le attese "illimitate" di benessere ed efficacia della medicina intrattenute dai media con la complicità, almeno silente, della corporazione medica.

Lo scollamento crescente tra attese di benessere e possibilità reali di cura rappresenta probabilmente il peggior nemico sia per la società civile sia per i professionisti della salute ed al quale dovremo prestare una particolare attenzione perché esso è probabilmente il fertilizzante sul quale poi cresceranno non solo le illusioni e le speranze disattese ma anche tutti i principali conflitti d’interesse.

Patrizia Pesenti
Consigliere di Stato