Discorso
dell'on. Patrizia Pesenti
all'incontro tra il Dipartimento delle Istituzioni e i
Sindaci dei Comuni ticinesi
Gentili signore e egregi
signori, onorevoli sindaci,
cari colleghi,
Il Comune non è solo un
territorio, un insediamento abitato oppure una casa comunale, un gonfalone, una
chiesa e una scuola.
Il Comune è anche un dispensatore
di servizi. Tra i servizi offerti dal comune vi sono la sanità e la
socialità. Ossia, quella che una volta si chiamava l'igiene e
l'assistenza pubblica.
Tra l'altro, a livello
comunale, la socialità non è solo cifre e statistiche, bensì persone e
situazioni concrete di indigenza e di bisogno, casi sociali che si vedono e, per
così dire, si toccano.
Ecco perché anche la
responsabile del Dipartimento delle opere sociali è interessata al buon
funzionamento dei comuni. Del resto è stato detto e scritto sui cartelloni che
"il comune è il cuore della democrazia"; delle malattie
cardiache, come prevenzione e cura, deve occuparsi il DOS!
Grazie alla
collaborazione dei comuni abbiamo trasformato l'assistenza pubblica, che era carità
sovente poco rispettosa della dignità dell'assistito, in solidarietà
sociale.
L'AVS, l'assicurazione
invalidità, l'assicurazione contro la disoccupazione, la riqualificazione
professionale, l'aiuto domiciliare, i servizi di cura e aiuto a domicilio, il
ricovero e l'assistenza agli anziani, gli interventi contro la marginalizzazione
giovanile non sarebbero stati realizzati senza la collaborazione dei comuni.
Se il comune non ha le
dimensioni demografiche indispensabili per funzionare, il nostro sistema sociale
traballa.
Il nostro è uno stato
sociale, ma è anche uno stato federalista. Confederazione, cantoni e
comuni sono i fornitori dei servizi sociali. Nella socialità le
competenze della Confederazione, quelle del cantone e quelle del comune si
intrecciano, in modo non sempre evidente per i non addetti ai lavori. Il sistema
può apparire complicato: le competenze e le responsabilità di finanziamento
sono suddivise su tre livelli, dove i comuni giocano un ruolo essenziale. Questa
divisione delle responsabilità è stata voluta, non per scaricare oneri, ma
soprattutto per attivare risorse, attivare competenze, incentivare l’autonomia
e l’iniziativa. Nella sanità, uno dei temi più scottanti dell’agenda
politica cantonale e federale di questi tempi, l’intreccio di competenze tra
Confederazione e Cantoni e Comuni non è sempre solo un vantaggio. La
Confederazione è responsabile per il finanziamento del sistema sanitario (Legge
assicurazione malattia), mentre i Cantoni si occupano della politica sanitaria
in quanto tale, dell’offerta sanitaria, degli ospedali, delle cure e anche
della prevenzione. I Cantoni, assieme alla Confederazione, si occupano di
sussidiare i cittadini che non riescono a pagare l’assicurazione malattia (un
ticinese si tre). Anche i Comuni si occupano dell’offerta sanitaria, e penso
soprattutto alla nuova legge di assistenza e cura a domicilio, entrata in
vigore dal 1. gennaio 2000. Naturalmente i Comuni lo hanno fatto non ognuno per
sé, sarebbe stato impensabile dispensare cure sanitarie ogni comune
singolarmente, hanno giustamente costituito 6 comprensori. Hanno
creato le condizioni di base, le dimensioni demografiche per poter funzionare.
Il sistema sanitario
svizzero, strutturato su più livelli, non è sempre facile da capire. Le
competenze si intrecciano e anche gli specialisti a volte si perdono. È anche
uno dei sistemi sanitari più costosi al mondo. Ma sappiamo anche che è uno dei
migliori al mondo.
Il modello sanitario
federalista elvetico oggi riceve un riconoscimento internazionale in
Germania, nel Nordrhein Westfahlen, la Consigliera federale Ruth Dreifuss riceve
il premio della prestigiosa Fondazione Bertelsmann per il migliore
sistema sanitario. La Consigliera Federale ha dichiarato che questo premio
doveva andare non solo alla Confederazione, ma anche ai cantoni, perché non vi
è nulla di più federalista del nostro sistema sanitario. Io
aggiungerei che il premio dovrebbe essere equamente diviso anche con i comuni,
perché con le cure a domicilio, sono diventati importanti attori nell’offerta
sanitaria. Ero invitata in rappresentanza dei Cantoni ma sono contenta di essere
qui a questo incontro con voi che rappresentate i Comuni.
Non dobbiamo parlare
della sanità e della socialità solo in termini di costi e di problemi.
Possiamo anche essere fieri del modello svizzero realizzato grazie alla
collaborazione dei comuni, la cui validità è riconosciuta a livello europeo.
Io spero che questi
incontri tra Governo cantonale e "Governi locali" vengano
istituzionalizzati, e che in occasione di un prossimo incontro si possa
discutere assieme di sanità e di socialità. Sono settori in continua
evoluzione, ai quali prestare la massima attenzione, non per spendere meno, ma
per spendere meglio e per migliorare i servizi sociali e di cura offerti ai
vostri amministrati, le cittadine e i cittadini di questo paese. Perché per
ogni cittadina e cittadino la sicurezza di poter condurre una esistenza
dignitosa al riparo dei drammi che possono colpire la vita, ma soprattutto la
salute, sono i beni più importanti.
Permettetemi di accennare
brevemente a due riforme:
la pianificazione ospedaliera
e il Consiglio degli anziani.
Non si tratta di tagliare posti letto,
di chiudere cliniche, di pregiudicare una regione o di privatizzare gli
ospedali. L'obiettivo è di ottimizzare l'offerta di cure ospedaliere,
evitando i doppioni, contenendo le spese e creando un sistema complementare
tra pubblico e privato.
Il progetto di
pianificazione ospedaliera è davanti al Consiglio di Stato. Il Governo
ascolterà in una delle prossime sedute i principali attori del sistema
sanitario cantonale. Poi il progetto si concretizzerà ulteriormente e
diventerà messaggio governativo e decreto legislativo.
E' mia intenzione
informare l’utenza, ossia la
popolazione, direttamente, nel corso di alcuni incontri pubblici nel corso del
mese di ottobre (il primo in Valle Maggia). Informare e ascoltare poiché
l'ospedale è di tutti, non solo degli addetti ai lavori.
Perciò questa seconda
pianificazione, la prima è stata bocciata dal Consiglio federale, la faremo
assieme, cantone, regioni e comuni, esperti e popolazione.
Col medesimo intento partecipativo
abbiamo lanciato il progetto
"Consiglio degli
anziani" che è stato
ribattezzato "il parlamentino della terza età".
La vecchiaia è un
patrimonio non un costo sociale.
Dobbiamo sfruttare
questo capitale. Nelle vecchie democrazie gli anziani erano i senatori, i
saggi, i punti di riferimento, i buoni consiglieri.
Il Consiglio degli
anziani, che sperimentiamo a livello cantonale, dovrebbe essere riproposto a
livello comunale.
Anzi, soprattutto a
livello comunale, perché il comune è anche memoria storica ed esperienza
collettiva, anche quando con l'aggregazione si proietta nel futuro.
Locarno, 6 settembre 2000