Presentazione dello studio edito dal Seco
"Efficienza nelle case per anziani svizzere"
realizzato da Luca Crivelli, Massimo Filippini e Diego Lunati
Lugano, 28 novembre 2001 - Università della Svizzera italiana
Gentili signore, egregi
signori,
Quando mi è stato chiesto di partecipare alla presentazione dello studio di
Luca Crivelli, Massimo Filippini e Diego Lunati sulla Efficienza nelle case per
anziani svizzere ho accettato immediatamente con molto piacere.
Perché devo molto a questo studio. Si tratta della pubblicazione Cost and
Scale Efficiency in the Nursing Home Sector: Evidence from Switzerland che
ha permesso di stabilire un criterio nell'ambito della pianificazione
ospedaliera.
Esiste nella Legge federale sull'assicurazione malattia l'obbligo di pianificare
il settore ospedaliero, nel caso del nostro cantone eravamo obbligati a ridurre
il numero dei letti ospedalieri e per di più, come diceva la decisione del
Consiglio federale, escludendo dalla lista taluni istituti piuttosto che il
taglio lineare di posti letto.
Purtroppo la
Confederazione obbligava a procedere in tal senso senza fornire ai cantoni criteri
accettabili. Il pericolo in una situazione politicamente incandescente come
quella della chiusura di istituti ospedalieri era quello di operare delle scelte
che venissero risentite, oltre che dolorose, anche inique. L'adozione di un
criterio annunciato in modo chiaro non ha reso l'intera operazione meno
dolorosa, ma almeno più trasparente, più equa e certamente più adeguata allo
scopo finale che resta quello del controllo dei costi ospedalieri.
La scelta fatta propria
dal Governo di adottare la dimensione minima degli istituti ospedalieri
come criterio e di escludere quindi dalla lista ospedaliera tutti gli istituti
ospedalieri con meno di 45 letti, ha in parte facilitato la discussione,
senza smorzarla, e ha reso possibile un argomentare basato su di una evidenza,
e non totalmente arbitrario.
Questa esperienza
pianificatoria, una operazione difficile, mi ha fatto capire i limiti della
razionalità e della ragionevolezza nelle scelte politiche. Da una parte un
criterio, una evidenza scientifica, dall'altra rivendicazioni di politica
regionale, di categoria che si impongono con forza nell'opinione pubblica. Forse
anche perché i compiti dello stato, il suo ruolo nello svolgere compiti di
interesse generale non è stato disegnato a tavolino, ma è la somma di una
storia, la somma di decisioni prese da istanze differenti negli anni, con
interessi differenti o addirittura conflittuali. Il sistema sanitario e
sociosanitario è cresciuto in modo non sempre del tutto ragionevole.
Rispondendo di volta in volta ad un bisogno puntuale, magari dando risposta non
a chi aveva più bisogno, ma a coloro che avevano più voce.
La consapevolezza che
siamo di fronte oggi più che mai alla scarsità delle risorse da
impiegare nella sanità e nei servizi sociosanitari ci obbliga a razionalizzare,
a riordinare l'offerta in modo da poter rispondere alla domanda di servizi da
parte del cittadino. Di per sé non dovrebbe essere difficile. Basta chiedersi
quanti posti per anziani abbiamo bisogno, per esempio in una determinata
regione, e offrire il finanziamento pubblico di questi posti. Ma la realtà é
ben diversa, perché il nostro cantone non è una mappa bianca su cui disegnare
le strutture sociali e sanitarie. Queste strutture ci sono già, impiegano
personale, sono ben ancorate nella realtà e nell'immaginario collettivo, alcune
sono addirittura simboliche (come l'Ospedale di Cevio). Rispondere ai bisogni
della popolazione diventa allora un esercizio molto difficile: perché appena ci
si mette all'opera ci si scontra con i bisogni delle strutture stesse, e
non sempre coincidono con i bisogni dei potenziali utenti. Così abbiamo magari
molti posti dove non c'è domanda, e pochi posti dove ci sono liste d'attesa.
Per non parlare della
dimensione ottimale in rapporto ai costi: il tema verrà approfondito
dall'autore e dai relatori che presenteranno lo studio. Da parte mia una sola
constatazione: la fotografia della situazione nel nostro cantone è proprio poco
ottimale: a un primo calcolo
(approssimato) su 66 case per anziani in Ticino solo 14 hanno una dimensione
ottimale (70-80). 42 sono troppo piccole, e di queste 27 hanno meno di 50 posti
letto e, in base a questo studio, si può presumere che producano costi troppo
elevati. (C'è invece una sola casa per anziani con più di 130 letti, che
diventa ineconomica perché troppo grande).
Non mi sono scoraggiata
leggendo questo studio, ma mi chiedo da che parte cominciare per rendere più
efficiente il sistema socio sanitario (struttura a U, della funzione di costo).
Il punto di partenza
importante per chi ha la responsabilità politica è essere convinti che
l'utilizzazione di risorse pubbliche per soddisfare un bisogno ritenuto di
interesse generale deve essere fatta sulla base di criteri, quindi non
arbitrariamente, e sulla base di criteri possibilmente evidence based.
In questo senso studi
come questo sono essenziali per l'amministrazione della cosa pubblica, e
quindi per le decisioni politiche. È vero, lo studio ammette che efficienza di
costo e di scala sono criteri parziali, ma importantissimi aggiungerei
io, tenuto conto che obiettivo delle pianificazioni in questo ambito è il
controllo dell'aumento dei costi.
L'interesse della
politica sanitaria e sociale deve essere rivolto alla società e più
particolarmente all'analisi del modo in cui gli individui e le collettività
utilizzano le risorse per soddisfare i bisogni, risorse che sono per definizione
rare. Lo stato deve quindi preoccuparsi dello spreco di risorse conseguente ad
una attività non efficiente da profilo economico. Ogni spreco di risorse
impedirà, sempre di più in futuro, ad altre persone l'accesso a prestazioni
necessarie ed efficaci.
Tra l'altro le risorse
non potranno che essere sempre più limitate a fronte di un bisogno crescente:
primo perché la sanità userà fette sempre più consistenti del prodotto
interno lordo, in concorrenza con altri settori, secondo perché il bisogno di
case per anziani crescerà progressivamente man mano che i baby-boomers
invecchieranno. Mi chiedo sinceramente se siamo preparati a queste spese
supplementari, se stiamo costituendo qualche margine dimanovra finanziario, e la
mia risposta è purtroppo no. La cosa non dovrebbe lasciarci indifferenti, se
non altro perché è la nostra vecchiaia.
Ho detto all'inizio che ho aderito immediatamente all'invito di discutere questo studio. Ed è vero perché ritengo che nella politica sociale e sanitaria la domanda centrale che dobbiamo porci è quella della relazione tra risorse investite o consumate e risultati ottenuti. O formulata in altro modo: gli stessi risultati possono essere ottenuti anche con un minor consumo di risorse?
Patrizia Pesenti
Consigliere di Stato