GIORNATA DEL MALATO
3 marzo 2002

"LA SOFFERENZA PSICHICA: DAL TABÙ ALLA SOLIDARIETÀ"

 Intervento della Consigliere di Stato Patrizia Pesenti durante la visita alla sede dell'Organizzazione sociopsichiatrica cantonale di Mendrisio-Casvegno


Gentili Signore,
egregi Signori,
cari ospiti,
la giornata del malato quest’anno è dedicata in particolare alle persone che soffrono di malattie psichiche. "La sofferenza psichica: dal tabù alla solidarietà": questo il tema che ben riassume il senso della ricorrenza odierna.
E’ più che doveroso prestare attenzione a questa particolare forma di sofferenza. Dal rapporto dell’Organizzazione mondiale della sanità, risulta che nel mondo 450 milioni di persone soffrono di disturbi mentali e neurologici, che il 40 percento dei Paesi non hanno una politica della salute per le malattie psichiche. Addirittura in un quarto dei Paesi non sono disponibili i medicamenti essenziali. Si tratta indubbiamente di cifre e condizioni spaventose.
Anche in Svizzera - benché disponiamo di servizi sanitari di qualità che rispondono ai bisogni degli utenti - il disagio psichico è destinato a crescere e potrebbe divenire un problema di salute pubblica in rapida evoluzione sia per l’ampiezza che per le conseguenze sociali e sanitarie che comporta.
Nel nostro paese si calcola che una persona su sette soffre di una grave depressione. All’origine della malattia vi sono cause biologiche o genetiche, ma centrale risulta anche essere l’interazione tra fattori psicologici e sociali. Sappiano infatti che la malattia psichica esplode quando una persona viene a trovarsi in una situazione problematica: pressione psicologica eccessiva, solitudine opprimente, prolungata disoccupazione.
Sappiamo che negli ultimi vent’anni sono cambiati radicalmente il modo di vivere, il mondo del lavoro e le stesse strutture familiari. I ritmi si sono fatti più frenetici, manca il tempo per elaborare quello che accade o se c’è a volte è troppo poco. Un periodo di calma diventa un lusso. L’economia, con il nuovo modo di produrre e di lavorare oggi chiede al dipendente molto di più: spirito di adattamento, flessibilità e disponibilità continua. Anche la famiglia non offre più le certezze del passato: il matrimonio non dura più una vita, cresce il numero di divorzi, e sono più numerose le famiglie monoparentali.
Viviamo in modo più frenetico, anche molto più esposti ai rischi, in molti sensi. Rischi legati al lavoro più instabile, che abbiamo paura di perdere, rischi legati alla instabilità degli affetti, rischi legati all'ambiente, persino a quello che mangiamo, ai prodotti che usiamo.
Non tutti riescono a convivere con così tanta incertezza. Non so se questo modo di vivere può spiegare l’aumento del disagio psichico anche nel nostro paese. Certo è che il modello di sviluppo attuale non mi pare né umano né sostenibile.
Nel 1983 in Ticino, con l’adozione della legge sull’assistenza sociopsichiatrica riveduta nel 1999, abbiamo intrapreso una via indubbiamente pionieristica in Svizzera. Abbiamo puntato su una presenza capillare nel territorio ticinese dei servizi della psichiatria pubblica e sull’interazione tra queste strutture e la società. Perché la sofferenza psichica e il disagio non migliorano isolando ancora di più chi soffre. La legge sull’assistenza sociopsichiatrica ha consolidato anche l’apertura di Casvegno, sviluppando l’organizzazione sociopsichiatrica sia nella struttura stazionaria sia in quelle ambulatoriali, garantendo cure differenziate, e soprattutto con l'obiettivo dell’integrazione sociale del paziente e il rispetto dei suoi diritti.
Nessun isolamento, dunque, delle persone che soffrono di disturbi psichici, ma comprensione, rispetto dei loro diritti e anche una buona dose di pazienza.
Non esistono cure efficaci per tutte le malattie, molte sono misteriose e incurabili. Ma nessuna cura, anche la migliore, avrebbe senso se il malato ci fa dimenticare la persona, l'essere umano che è in lui. La sofferenza, la malattia ci può mettere in ginocchio.
E nessuna medicina, nessuna cura, neanche la migliore, ci deve esonerare dall'impegno diretto per la persona, faccia a faccia, lungo gli anni, attraverso cadute e rialzamenti e nuove cadute. La migliore medicina, la migliore terapia non è quella che rende superfluo questo impegno, ma quella che lo rende possibile.

Patrizia Pesenti
Consigliere di Stato