Assemblea Ordine dei medici dentisti

Saluto della Consigliere di Stato Patrizia Pesenti

 

Albergo Principe Leopoldo, 18 aprile 2002


Signor presidente,

egregi signori, gentili signore,

con grande piacere ho accettato l'invito a intervenire all'assemblea del vostro ordine. Vi ringrazio sentitamente e in particolare il vostro presidente dott. Michele Varini. In questo mio intervento non intendo affrontare tematiche specifiche che riguardano la vostra categoria professionale. E' invece mia intenzione proporvi qualche riflessione sulle sfide cui è attualmente confrontato il sistema sanitario svizzero, sfide che porteranno volenti o nolenti ad inevitabili ristrutturazioni.

Le ragioni sono presto dette: la spesa sanitaria cresce ad un ritmo preoccupante, ben superiore a quello del Prodotto interno lordo, ossia della ricchezza prodotta. Ma questa evoluzione non potrà durare ancora a lungo, pena la rottura degli equilibri a livello macroeconomico.

E allora fioccano le ricette per spezzare la spirale degli aumenti dei costi sanitari. C'è chi, ad esempio, si appella alle regole del mercato, nutrendo una cieca fiducia in esse. In altri termini, si reclama più concorrenza tra assicuratori malattia e tra i diversi fornitori di prestazioni. Di primo acchito questa soluzione potrebbe apparire seducente, ma ad un'analisi più approfondita si scopre che la ricetta suggerita è difficilmente sostenibile.

Il settore sanitario, infatti, non è un mercato nel senso classico del termine o, se proprio si vuole, è un mercato alquanto anomalo. A dominare in questo settore è la domanda e non l'offerta. Detto in altri termini, è l'offerta di prestazioni mediche a determinare la domanda. La spesa sanitaria è infatti proporzionale al numero di operatori e dipende anche dal modo di remunerazione.

Medici, medici dentisti e altri operatori della sanità sono remunerati all'atto, per ogni singola prestazione.

Considerati tutti questi fattori, il mercato come meccanismo imparziale tra domanda ed offerta è inevitabilmente destinato a fallire nella sanità. I motivi: il sistema sanitario è caratterizzato da un'asimmetria tra medico e paziente sul piano delle conoscenze e delle informazioni, la qualità delle prestazioni è difficilmente valutabile anche perché la medicina, contrariamente a quanto parte dell'opinione pubblica è solita credere, non è una scienza esatta. La pratica medica è infatti caratterizzata da incertezza. E come se tutto ciò non bastasse, tra i diversi assicuratori malattia non sussiste concorrenza. Contrariamente a quanto si prefiggeva la LAMal, a sei anni dalla sua entrata in vigore si può constatare che in verità le casse malati, raggruppate sotto il mantello di Santésuisse, sono dei veri e propri monopoli. Altro che concorrenza!

Ecco perché tutti questi fattori impediscono di garantire, attraverso il gioco della domanda e dell'offerta, l'equità di accesso alle cure e a prestazioni da parte di tutta la popolazione, che è una conquista irrinunciabile di uno Stato moderno. L'intervento dello Stato in ambito sanitario è perciò indispensabile. Non è infatti un caso che la quasi totalità dei paesi a democrazia liberale che ci circondano, hanno sistemi sanitari finanziati tramite la sola tassazione o dispongono di un'unica cassa nazionale di assicurazione, rinunciando così a scegliere il mercato quale modalità di presa a carico del rischio malattia.

E pensate che perfino Milton Friedmann, padre della scuola neo-liberale di Chicago e premio Nobel per l'economia, in una delle sue ultime opere pubblicate, The public interest, sostiene che: " per contenere i costi sanitari, il fatto di disporre di un'unica entità che organizza e finanzia il settore, costituisce un reale vantaggio rispetto ai sistemi misti".

Un sistema di finanziamento misto vige invece nel nostro paese, dove la sanità è finanziata con la fiscalità, ma anche con premi assicurativi indifferenti alla capacità finanziaria del singolo cittadino. Un finanziamento incentrato sulla fiscalità sarebbe certamente più equo.

Le persone giuridiche sarebbero chiamate alla cassa, la classe media, che oggi non beneficia dei sussidi riservati unicamente ai meno abbienti, risulterebbe sgravata.

Si può essere d'accordo di finanziare la sanità più con le tasse che con i premi. Il dibattito è lanciato anche nel nostro paese. Una cosa, comunque, è certa: se vogliamo contenere l'aumento della spesa sanitaria, abbiamo bisogno di un sistema che sia meno inflazionistico dell'attuale e dobbiamo anche chiederci se i 40 miliardi spesi per la salute sono tutti necessari o se possiamo ottenere gli stessi risultati sanitari con un minor consumo di risorse.

Il problema di una domanda di benessere illimitata confrontata con risorse invece limitate porrà sempre più la necessità di operare delle scelte. Scelte da operare all'insegna della razionalizzazione del sistema per evitare lo spettro del razionamento delle prestazioni inaccettabile già dal solo profilo etico.

Io credo che per scongiurare questa ipotesi, due razionalità - oggi fondamentalmente contrapposte - debbano incontrasi e dialogare: da un lato i medici e tutti gli operatori sanitari, con un approccio individuale e indipendentemente da ogni considerazione di costo, vorrebbero fare tutto ciò che possa giovare ad un paziente. L'economista sanitario intende invece ottenere un migliore rapporto tra risultati clinici e risorse investite. La sfida consiste proprio nel trovare un denominatore comune a questi due approcci, un denominatore comune necessario per mantenere anche in futuro il principio dell'universalità d'accesso ai servizi sanitari per ogni cittadino indipendentemente dalla sua situazione finanziaria.

Vi ringrazio della vostra attenzione.

Patrizia Pesenti
Consigliere di Stato